Nell’ultimo numero de “Le scienze”, Richard Conniff, fa il punto su una questione cruciale: è giusto traslocare in habitat più adatti le specie minacciate dal cambiamento climatico? Certo, sarebbe meglio si spostassero da sole, ma a volte l’uomo stesso ha interrotto i possibili corridoi; altre volte le specie sono semplicemente troppo “lente” rispetto alla “velocità climatica”. La cosiddetta “colonizzazione assistita” non è però una procedura banale né priva di rischi. Nel 1960, l’idea di introdurre scoiattoli rossi nelle foreste di pecci neri a Terranova (Canada), come nuova fonte di cibo per le martore dei pini, ebbe come risultato che gli scoiattoli risultarono poco graditi alle martore; non solo: si avventarono sulle pigne facendo così quasi estinguere le crociere di Terranova, degli uccelli evoluti in associazione con le pigne. Oggi i ricercatori sono più consapevoli dei rischi geologici, sanitari e di invasione di questi interventi. Inoltre alcune specie si stanno rivelando più flessibili del previsto. Resta però il dilemma di fondo: quanto è legittimo immischiarsi negli affari della natura per decidere quali specie devono sopravvivere e quali morire. “Dov’è che finisci di aiutare i processi naturali e cominci a fare giardinaggio?”, si è saggiamente chiesta l’ecologa Jessica Hellman.
(Le Scienze)
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