Sull’ultimo numero de “Le Scienze”, un lungo articolo è dedicato alle ultime ricerche sulla cura dei tumori. Gli studi su cancro e immunità risalgono a oltre un secolo fa. Rudolf Virchow fu il primo a intuire una connessione tra infiammazione e cancro. Il nostro sistema immunitario ha due sistemi di difesa, uno innato e non specifico e uno specifico e adattivo. La prima risposta è quella innata che si manifesta appunto come infiammazione e che era già nota anche a Galeno, medico nella Roma imperiale. Se però l’agente infettivo supera questa barriera, entrano in gioco i lnfociti T e B che non solo riconoscono gli agenti estranei, ma se li ricordano. La scoperta recente più promettente riguarda i macrofagi che sono presenti in tutti i tutmori. Ancora negli anni Settanta si pensava avessero una funzione protettiva, ora si è invece scoperto che sono una sorta di “guardiani corrotti”: anziché contrastare, promuovono la crescita del tumore, aprendogli la via verso altre zone (metastasi) e inducendo l’angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni, e soprattutto causando mutazioni. L’altra grande scoperta (italiana) sono stati i cosiddetti checkpoint. Il sistema immunitario funziona attraverso un sistema di acceleratori e freni: ecco, togliendo i freni ai linfociti si fa regredire il tumore o comunque si aumenta la sopravvivenza del malato. Ora però la sfida principale è fermare i “poliziotti corrotti”. All’Istituto Mario Negri è stato sviluppato un farmaco anticancro che agisce proprio eliminando i macrofagi corrotti, ma in tutto il mondo sono in corso sperimentazioni tese a eliminare queste cellule immunitarie e i risultati, almeno per alcuni tumori, fanno ben sperare.
(Le Scienze)