Si sono conosciute su Facebook, senza mai incontrarsi e sempre in rete si sono radicalizzate. Due sono finite in Siria, tre volevano organizzare un attentato in Francia. Soren Seelow giornalista di “Le Monde” ha dedicato un lungo articolo alla storia di queste cinque adolescenti francesi.
Una vicenda emblematica, soprattutto per il fatto che, contrariamente agli stereotipi, vengono tutte da famiglie della classe media e tutt’altro che fanatiche. Lea, ad esempio, 14 anni, figlia di genitori algerini non praticanti, a un certo punto ha cominciato a leggersi il Corano e a voler indossare la Djellaba. A giugno del 2014 è partita per Amsterdam, dove ha preso un volo per Istanbul, da lì dieci ore di autobus l’hanno portata a Raqqa, dove l’aspettava il futuro marito. Anche Vanessa è partita. Camille, Fatima e Juliette invece sono rimaste in Francia. Erano tutte in contatto con i social network. Le intercettazioni ritraggono delle adolescenti tormentate, affascinate dal miraggio di poter praticare il “vero” islam e di poter anche sacrificarsi per la causa. La polizia si è interrogata su come trattare queste persone: sono solo un pericolo per sé o anche una minaccia collettiva? La discussione resta aperta. Vanessa è infine rientrata nel 2015, in carcere ha tentato di suicidarsi. Camilla è entrata nel programma del centro di prevenzione e recupero di Dounia Bouzar e oggi è impegnata in azioni pubbliche contro la radicalizzazione degli adolescenti.
(lemonde.fr)