Esuli a Malmö

La Svezia, con i suoi dieci milioni di abitanti, è proporzionalmente il paese che accoglie più richiedenti asilo. Narges, 14 anni, originaria dell’Afghanistan, con genitori fratelli e sorelle, ha trascorso prima alcuni anni in Iran. La scuola l’ha frequentata poco, ma da quando è in Svezia non manca un giorno alla “Mosaikskolan”, dove impara lo svedese, la matematica e l’inglese. Qui ci sono siriani, iracheni, rumeni…

“In tutto sono 58 nazionalità”, spiega Rickard Sjövall, incaricato della logistica. I ragazzini immigrati passano tutti per il suo ufficio. Lo scorso anno sono stati più di 600.
Oltre agli insegnanti, ci sono pedagoghi, psicologi e docenti delle varie madrelingue (continua dopo la foto)

Foto di Tricia Wang/Flickr (l'originale qui: https://www.flickr.com/photos/triciawang/2852206368/in/photostream/, insieme ad altre foto di Rinkeby, quartiere degli immigrati a Stoccolma)
Foto di Tricia Wang/Flickr (l’originale qui: https://www.flickr.com/photos/triciawang/2852206368/in/photostream/, insieme ad altre foto di Rinkeby, quartiere degli immigrati a Stoccolma)

Nonostante la campagna xenofoba della destra, il governo svedese, così come la maggioranza della popolazione, ci tiene a portare avanti questa politica di accoglienza che, per la verità non c’è sempre stata. Durante la Seconda guerra mondiale la Svezia chiuse i confini a ebrei e rom fuggiti dalla Germania nazista. Qualcuno dice che all’origine dell’odierna generosità ci sarebbe la coscienza sporca. A dieci anni dalla guerra, la Svezia, nel 1956, diede rifugio a migliaia di ungheresi; nel 1968, fu la volta dei cechi e dei polacchi e poi degli iraniani, degli iracheni… Ogni settimana arrivano circa 800 siriani. La Svezia è l’unico paese che offre loro un soggiorno permanente. Non a caso un terzo dei siriani che hanno trovato rifugio in Europa sono qui. Nel 2008 il sindaco di Södertälje, città industriale di 80.000 abitanti a sud-ovest di Stoccolma, è stato invitato a parlare al Congresso: la sua città, da sola, aveva accolto più iracheni degli Stati Uniti.

(liberation.fr)

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