Perché i bambini cinesi e coreani sono primi al mondo in matematica, mentre quelli statunitensi si piazzano solo trentesimi su 65 paesi? Secondo alcuni ricercatori c’entrano i metodi di insegnamento, ma anche differenze linguistiche e sociali. Ne ha parlato il Wall Street Journal. Secondo i professori di Scienze dell’educazione Karen Fuson della Northwestern University e Yeping Li della Texas A&M, il modo in cui alcune lingue come cinese, giapponese, coreano e turco gestiscono i numeri successivi al “dieci” aiuta i bambini a interiorizzare le operazioni aritmetiche sin dalla più tenera età. Queste lingue hanno solo nove termini per descrivere i numeri: “11” si dice “dieci-uno”, “21” è “due-dieci-uno”. Al contrario, in inglese, come in altre lingue (come l’italiano), i numeri successivi al “dieci” sono molto più complicati e, in certi casi, contro-intuitivi. Un bimbo americano deve fare i conti con la differenza tra come si scrive “17” in cifre e come si scrive in lettere. La decina, infatti, scivola dopo il numero sette -“Seven/teen”- e non è immediato in tenera età distinguerlo da “71”.
A influire positivamente è anche il modo in cui si insegnano le operazioni aritmetiche, tanto che molti insegnanti statunitensi cominciano a utilizzare il metodo del “dieci”.
In Cina, infatti, per sommare 9 e 5 i bambini vengono istruiti a scomporre le cifre e passare dal “dieci”: 9+1 per arrivare a 10, più 4, uguale 14. Sembrano cose da poco, ma partire con questa impostazione dalla più tenera età, secondo i ricercatori, contribuisce in modo determinate a portare in bambino ad avere al liceo abilità matematiche molto superiori dei coetanei di altri paesi.
La differenza non sta soltanto nel linguaggio e nel metodo di insegnamento: secondo i ricercatori della rivista Review of Educational Research, i genitori cinesi dedicano molto più tempo delle controparti statunitensi a far familiarizzare i figli con l’aritmetica, proponendo loro giochi matematici e piccole operazioni utili per la vita quotidiana.