Lo scorso mese, l’Isis ha convocato le maestre della provincia di Raqqa, nella Siria orientale, spiegando loro le nuove condizioni se avessero voluto continuare a ricevere lo stipendio. Un breve articolo dell’Economist commenta come lo Stato islamico, “tra decapitazioni degli avversari, crocifissione dei furfanti e attacchi americani” trovi il tempo di occuparsi di questioni solo apparentemente banali, come il curriculum scolastico.
Le insegnanti dovranno dedicare più ore agli studi islamici, e lasciar perdere filosofia e chimica. Ora che il movimento estremista si vuole fare Stato, o meglio califfato, gli islamisti sono alle prese con cosa voglia dire amministrare. Se infatti i 60 milioni di dollari al mese che arrivano dal petrolio e da altre fonti sono un’enormità per mantenere un esercito, amministrare uno Stato è un’altra faccenda. I precedenti non sono a loro favore: nel 2013 a Raqqa gli estremisti cercarono di prendere possesso del Consiglio locale, ma durò poco perché la furia dei residenti per la totale inefficienza della loro gestione li costrinse a fare marcia indietro.