laria Maria Sala*, da Hong Kong, ci parla di un preoccupante Documento Bianco con cui la Cina vuole ricordare a Hong Kong chi comanda.
Cari amici,
è già un po’ che non vi parlo di Hong Kong, dove invece le cose si stanno facendo interessanti, ma sempre lungo una china che ormai conoscete dalle mie lettere, e che non lascia molto spazio per l’ottimismo. Di nuovo, si tratta del crescente contrasto fra Pechino e Hong Kong, e del suffragio universale lungamente promesso divenuto ormai il pomo della discordia intorno al quale tutto si cristallizza. Come sempre, si tratta di una situazione piuttosto complessa, difficile da spiegare senza cadere in mille trappole, e quindi farò del mio meglio e basta.
Intanto, le premesse: nel 1984 la Cina concluse con la Gran Bretagna una Dichiarazione Congiunta che gettava le basi per il ritorno di Hong Kong a sovranità cinese dopo essere stata una Colonia britannica per 150 anni, senza però chiedere il parere degli hongkonghesi al proposito. Nel 1997 c’è stato il passaggio di sovranità, che doveva essere garantito sia dalla Legge Fondamentale, la mini-costituzione di Hong Kong, che dal principio “Un Paese Due Sistemi”, pensato da Deng Xiaoping (che in verità l’aveva inizialmente proposto per il Tibet, e non è che sia andata in modo meraviglioso), accompagnato dal suo corollario “Un Alto Grado di Autonomia”. Parole che sembrano bizzarre in questa successione, ma che sono state firmate in massima pompa divenendo accordi internazionali a tutti gli effetti. E poi, per i primi 50 anni, l’andamento di Hong Kong dovrebbe essere “sorvegliato” anche da Londra, che però a parte un paio di volte in cui ha detto che sperava che il suffragio universale venisse introdotto come promesso, di solito si dice contenta di come vanno le cose. A Hong Kong invece a essere “contenti” non sono poi in tantissimi: la classe dirigente, scelta da Pechino, cerca di compiacere Pechino dandosi pochissima pena di compiacere anche i cittadini, i quali su tutto hanno ormai la sensazione di dover fare da sé. Spesso, questo significa far da sé le valigie, con decine di migliaia di persone che prendono e vanno in Australia e in Canada, o dovunque un hongkonghese abbia facilità ad ottenere la residenza. Per quanto molti cinesi siano nazionalisti in modo inquietante, con l’arroganza dei nuovi ricchi e con un certo disprezzo per questi cinesi “imbastarditi” dalla colonizzazione, in realtà potendo cercano di venire qui, sia per mandare a scuola i figli, per comprare case, fare la spesa, o andare in ospedale. C’è un bel dire che la Cina deve governare il mondo, ma anche i cinesi ammalati di sciovinismo a quanto pare se ne fidano poco.
Lettera pubblicata sul n. 213 di Una città. Leggi tutto qui:
http://unacitta.it/newsite/articolo.asp?id=962