Cos’è peggio? Un massacro casuale o un assassinio premeditato? Cos’è più atroce, un’uccisione inutile, risultato di un errore d’identità o un assassinio inutile senza errori di identità? L’esercito israeliano, ci spiega Gideon Levy su “Haaretz” del 30 marzo, ha delle precise risposte a queste domande, fondate su dei saldi principi.
Il principio, in questo caso, è che non contano le circostanze ma solo l’identità delle vittime.
Tal Nahman, Yusef a-Shawamreh e Samir Awad , prosegue Levy, non si conoscevano, ma il fato aveva riservato loro la stessa morte: tutti vittime dell’esercito israeliano. Tal aveva 21 anni, Yusef 14 e Samir 16.
Tutti e tre colpiti a morte in un agguato. Tal dopo che i soldati avevano notato movimenti sospetti e avevano fatto un errore di identificazione; Yusef cercando di attraversare la barriera di separazione per raggiungere il campo della sua famiglia, rimasto dall’altra parte; Samir cercando anche lui di passare dall’altra parte per vincere una scommessa tra amici.
Yusef è morto dissanguato in attesa di un’ambulanza. A Samir, colpito e ferito, i soldati hanno sparato altre due volte alla testa e alle spalle mentre cercava di tornare al suo villaggio, uccidendolo.
Se nel caso dei due palestinesi, non si è sentito il bisogno di approfondire le indagini, la “tragica morte” di Tal ha portato alle dimissioni di tutti i soldati e ufficiali coinvolti. I vertici hanno espresso ai genitori di Tal il grande rammarico per la perdita di “una persona straordinaria”.
Non una parola per i genitori di Yusef e Samir.
Ecco i “principi”, conclude amaramente Levy, dell’esercito più “morale” del mondo.
(haaretz.com)