L’infanzia rubata di Jean-Jacques

Jean-Jacques Martial è nato nell’isola di Réunion, a est del Madagascar, nel 1959. Aveva solo sei anni quando agenti del governo francese lo hanno prelevato per trasferirlo in Europa. Alla famiglia avevano detto: “Lo portiamo in Francia, lo faremo studiare”; lui felice ha pensato “Tour Eiffel”, “Arc du Triomphe”. Invece, per il Governo francese, quella parola significava Guéret, villaggio nel distretto di Creuse, nello sperduto centro del Paese, a più di novemila chilometri di distanza dal luogo in cui era nato.

Oggi Jean-Jacques ha 55 anni. Nato nella colonia francese, la sua vita era destinata a incrociare la traiettoria di un piano ufficiale di Parigi per ripopolare la provincia rurale. Ne ha parlato Anne Penketh sul Guardian di domenica. Nel 2002 Martial, che ha raccontato la sua esperienza nel libro Une Enfance Volée (“Un’infanza rubata”), ha fatto causa allo Stato per un miliardo di euro, accusandolo di rapimento e deportazione di minore. Oggi, 18 febbraio, il Parlamento francese comincia a discutere una legge per fare chiarezza su questa pagina oscura, frutto della mente di Michel Debré: già primo ministro gollista, nel 1963, eletto deputato dell’Isola di Réunion, aveva deciso di sfruttare l’esplosione demografica della colonia per sopperire allo spopolamento della provincia francese. Allo scopo aveva costituito l’Ufficio per lo Sviluppo delle Migrazioni nei territori d’Oltremare, che ha continuato a “ricollocare” bambini presso famiglie francesi della campagna rurale fino al 1983.

Sono 1.615 i minori deportati in quel ventennio, bambini di ogni età, dai 3 ai 17 anni: alcuni sono stati adottati da famiglie borghesi, altri sono diventati lavoranti nelle fattorie. Alcuni si si sono suicidati, altri sono finiti in ospedali psichiatrici. Oggi la Francia comincia a raccontarne le storie. Vittoria parziale per Jean-Jacques e gli altri: la mozione in discussione, nota lo storico di Réunion Yvan Combeau, non prevede né risarcimenti né scuse di Stato.

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