Quando il capo conosce le tue malattie

La scorsa settimana, un’incredibile gaffe ha attirato molte critiche su Tim Armstrong, direttore della web company statunitense AmericaOnLine. In una riunione coi dipendenti, il boss di AoL ha motivato la decisione di ridurre i benefit aziendali prendendosela con i costi aggiuntivi al sistema assicurativo interno causati dalla riforma sanitaria di Obama. In particolare, Armstrong ha citato il caso dei figli di due dipendenti, nati con gravi problemi di salute, prendendosela con chi porta avanti gravidanze a rischio: “Questi due neonati ci sono costati milioni di dollari!”. Apriti cielo: a nulla è servito il memorandum interno successivo con cui Armstrong ha dichiarato di essere stato frainteso. La cosa è rimbalzata subito sul web, dove si sono sprecate le prese in giro all’azienda che per giustificare mosse impopolari se la prende coi “neonati malati”, e sui giornali. Anche se Armstrong non ha fatto nomi, i diretti interessati sono stati subito avvicinati dai colleghi: “Parla di te, giusto?”. Uno di loro, che per AoL è redattore delle news, aveva anche l’imbarazzo di dover seguire in maniera imparziale una notizia che riguardava la sua bambina.

Secondo la dottoressa Deborah C. Peel, fondatrice della no-profit Patient Privacy Right, l’incidente dimostra quanto sia facile per un’azienda che ha un piano assicurativo interno avere accesso ai dati sensibili dei dipendenti. Lo conferma Helen Darlig del National Business Group on Health: tutti i boss degni di questo nome ricevono report dettagliati sullo stato di salute di dipendenti e loro famigliari, anche mensili, per sapere come vengono spesi i soldi dell’assicurazione e decidere di conseguenza. Alcuni cercano anche di prevenire le spese: l’autunno scorso c’era stato il caso della Pennsylvania University, che aveva cercato di obbligare i dipendenti a compilare lunghi questionari sulle condizioni di salute personali pena una multa di 100$. A causa delle proteste aveva poi dovuto fare marcia indietro.

La moglie di uno dei due dipendenti tirati in causa da Armstrong ha subito denunciato l’insensibilità e la scorrettezza di AoL sul giornale per cui lavora, Slate, raccontando i primi mesi di vita della sua bambina. Il vero punto per la madre, oltre alla privacy violata e all’essersi sentita giudicata “egoista” per aver voluto far nascere sua figlia, è un altro. A cosa serve un’assicurazione sanitaria, se non a simili tragici imprevisti? A dipendenti che non hanno mai problemi? Perché non prendersela allora anche coi dipendenti col cancro o con quelli che hanno figli asmatici, o altri ancora?

Ora la bimba, nata prematura di cinque mesi, ha un anno e sta bene; i medici si sono detti meravigliati della sua fibra vitale. Proprio la scorsa settimana muoveva i primi passi.

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