Cosa significa essere una donna sui quaranta e senza prole nel pieno della stagione natalizia 2013?
Sul Guardian del 9 dicembre Jody Day parla dei senza-figli sotto Natale, da sempre percepita come la stagione peggiore per coloro che hanno “mancato” l’appuntamento che per la società definisce l’ingresso ufficiale nell’età adulta. In Inghilterra il numero delle donne senza figli sta aumentando (e non di poco): secondo uno studio dell’Office for National Statistics (Ons), se le quarantenni inglesi e gallesi senza figli erano una su nove nel 1985 e una su cinque nel 2010, nel 2015 diventeranno una su quattro. Quanto bisogna tornare indietro per trovare dati comparabili? Alla Prima Guerra Mondiale, quando la leva obbligatoria di massa si intromise tra i potenziali padri e le potenziali madri.
La Day si domanda: perché parlare solo di infertilità femminile? Dove sono i numeri che indicano la crisi di paternità? E risponde: l’indagine dell’Ons è perfettamente coerente con l’atteggiamento diffuso in una società che concepisce questo tipo di condizione come “invalidante” esclusivamente quando riguarda la donna. “Senza figli” un uomo? Forse momentaneamente… Infatti, lo stigma sociale colpisce più duramente le mancate madri, dei mancati padri. Soprattutto quando si sono superati i 45, quando diventa più improbabile l’ingresso nel “club”, e si è considerate come delle fuori casta. Le persone si sentono in dovere di rassicurare: “Puoi sempre adottare”… “Sì, non sai quanto è facile, per una single che lavora!”
Scrive la Day che ciò che potrebbe aiutare le madri mancate (soprattutto nella stagione natalizia, famiglia-centrica) è un po’ di empatia, qualcosa che aiuti a ridefinire l’identità delle persone che non dovrebbero sentirsi “incompiute” perché senza prole.
Poi si potrebbe proseguire individuando le cause di questa galoppante infertilità, che ci riporta agli inizi del secolo…