L’11 dicembre prossimo, il Gruppo degli Otto leader dei Paesi industrializzati si incontrerà a Londra. Ospiti del Premier inglese Cameron, i leader globali parleranno di demenza, il male degenerativo delle funzioni intellettive che nella maggior parte dei casi prende il nome di Alzheimer.
L’agenzia Reuters riferisce le preoccupazioni di Marc Wortmann, direttore dell’Adi (Alzheimer’s Disease International), per cui tutti gli indicatori fanno pensare a una vera e propria epidemia globale. Negli ultimi 10 anni si è registrato un aumento del 17% dei casi di demenza: un trend che, se restasse costante, ci porterebbe nel 2050 dagli attuali 44 milioni di casi nel mondo a 135 milioni. Il costo sanitario mondiale per le varie forme di demenza ammonta oggi a 600 miliardi di dollari -l’1% del prodotto interno lordo globale- ed è destinato a salire, ma è solo una media. Secondo l’Istituto di Psichiatria del King’s College di Londra, infatti, sono solo 13 i Paesi che hanno già predisposto piani terapeutici nazionali.
Tra quelli che in questo campo spendono di più c’è la Gran Bretagna, che sta già stanziando 37,6 miliardi di dollari all’anno (più del cancro, dell’ictus e delle malattie cardiache MESSE INSIEME) ma Cameron ha già preannunciato di voler triplicare la cifra entro i prossimi due anni. I casi di demenza si stanno rapidamente espandendo però anche ai Paesi in via di sviluppo, che non dispongono né delle risorse, né i servizi sociali adeguati per occuparsi di questa emergenza.
Per George Vradenburg (presidente di USAgainstAlzheimer), che quest’estate ha scritto un post sul tema sull’Huffington Post statunitense, la sua e le altre Ong che si occupano del problema vorrebbero che da questo summit uscisse un nuovo impegno economico, una nuova strategia di finanziamento globale che dal G8 possa poi espandersi ad altri consessi, come l’Ocse e l’Unione Europea, sulla falsariga delle grandi campagne lanciate nell’ultimo decennio per affrontare l’Hiv/Aids, malaria e tubercolosi.
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