L’affare del secolo? Sembrava dovesse essere la re-invenzione del libro. Ne ha parlato David Streitfield sul New York Times del 3 dicembre, elencando le tante start-up che negli ultimi anni ci hanno provato: “Social Books” consentiva di commentare i propri passaggi preferiti di un ebook e leggere le opinioni degli altri lettori; “Copia” era un altro tentativo di “lettura sociale”; “Push pop press” era una piattaforma in grado di mescolare testi, immagini anche interattive, video e audio; “Small Demons” avrebbe invece approfittato della possibilità di palesare le correlazioni tra i personaggi di libri diversi, o i personaggi ricorrenti nella letteratura.
Per tutte queste start-up abbiamo usato il passato, perché nessuna è riuscita nel proprio intento: hanno tutte chiuso o sono state assorbite -e smantellate- da colossi informatici. Peter Meyers, autore del saggio “Breaking the Page”, ritiene che molti dei tentativi sin qui fatti, più che dei “miglioramenti” di cui i lettori avessero effettivo bisogno, abbiano introdotto solo delle “distrazioni” all’esperienza della lettura.
Un’altra via alla re-invenzione del libro è quella che cerca di affrontare il cosiddetto “problema numero uno”: il tempo che ci vuole a leggere un libro. Dedicare una decina di ore alla lettura di un libro sarebbe un lusso per pochi, o perlomeno non alla portata di tutti coloro che vorrebbero avere accesso alle idee “intrappolate” nei libri. Non è certo una novità: il “Reader’s digest”, nato nel 1922, compila tuttora in una rivista mensile i riassunti dei migliori articoli pubblicati su riviste di varia natura. Qualcosa di molto simile a più recenti applicazioni web: “Inkling”, per esempio, consente di acquistare invece di un intero manuale tecnico il solo capitolo cui si è interessati, così come “Safari Flow”.
Altri hanno portato ancora più in là lo spunto del “Reader’s Digest”: “Citia”, per esempio, traduce le idee contenute in un libro in minuscole “schede” che poi sono facilmente condivisibili sulle varie piattaforme social. Eppure, dopo un anno e mezzo di vita, “Citia” ha prodotto solo quattro trattamenti di libri. Forse l’idea non ha ancora convinto gli scrittori, poco inclini a farsi re-organizzare i propri lavori?
Altri stanno lavorando in una direzione opposta: rendere il virtuale più simile al reale. Su iBooks, chi acquista un e-book può “scaricarlo nella propria libreria”. Apple ha appena brevettato un’altra “novità”: acquistare libri digitali completi di autografo dell’autore. Mentre, nella più recente campagna per promuovere il proprio e-reader, Amazon vanta l’innovativa possibilità di… “sfogliare le pagine”. E continua: “Le pagine sono virtualmente indistinguibili da quelle di un libro vero!”.