La morte di un detenuto palestinese in circostanze controverse in una prigione israeliana ha risollevato il dibattito sulla responsabilità dei medici. L’Associazione dei medici israeliani ha negato il coinvolgimento di professionisti negli episodi di tortura o di abuso denunciati dalle associazioni per i diritti umani. Arafat Jaradat, benzinaio, 30 anni e due figli, è stato arrestato lo scorso 18 febbraio per aver gettato pietre e molotov durante alcune manifestazioni nel West Bank. Degli oltre ottocentomila palestinesi detenuti a partire dal 1967, ne sono morti oltre duecento. Arafat è morto dopo alcuni giorni di interrogatorio da parte dello Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano. All’autopsia sono risultati segni evidenti di tortura. I funzionari israeliani hanno imputato le ossa rotte ai tentativi di rianimazione. Il patologo palestinese che ha assistito all’autopsia insiste che le ferite dicono ben altro. L’avvocato di Jaradat ha raccontato che il suo cliente un paio di giorni prima del decesso era terrorizzato all’idea di tornare nella stanza degli interrogatori e che l’obbligo a star seduto per tanto tempo gli provocava forti dolori alla schiena. Derek Summerfield, dell’Istituto di Psichiatria dell’Università di Londra, impegnato in una campagna per denunciare le responsabilità dei medici israeliani, ha chiesto che si facesse luce sulle circostanze in cui è morto Jaradat, dato che due giorni prima della morte era stato visto da un medico della prigione che l’aveva trovato in buona salute.
L’Associazione dei medici israeliani ha chiesto che la salute dei prigionieri sia demandata a un soggetto esterno per evitare il conflitto di interesse tra paziente e “sistema” quando si tratta di relazionare su episodi di sospetta tortura all’interno dell’esercito o delle prigioni. Avinoam Reches, del comitato etico dell’Associazione, ha spiegato che la questione è particolarmente grave perché in questi casi i “trattamenti” vengono fatti su persone che non hanno libertà di scelta. Intanto gruppi palestinesi e per i diritti umani hanno chiesto un’indagine indipendente sulla morte di Jaradat. (“The Lancet”)