Dalle ultime indagini statistiche, nel Regno Unito è emerso un dato inatteso: in questi anni di crisi si è registrato un aumento considerevole nel numero delle donne del Pachistan e del Bangladesh che sono entrate nel mercato del lavoro.
Il quasi mezzo milione di bengalesi e il milione di pachistani che vivono in Gran Bretagna, arrivati perlopiù tra gli anni Sessanta e Settanta, scontano una sorta di handicap auto-inflitto, spiega l’autore dell’articolo. Se gli uomini hanno tassi di occupazione paragonabili a quelli dei neri, il tasso di occupazione delle donne è la metà delle altre minoranze etniche. L’assenza di una seconda entrata è la ragione principale del fatto che metà di queste famiglie vivono sotto la soglia di povertà.
In questo fenomeno conta molto anche la cultura d’origine: in questi contesti risulta normale che sia l’uomo a mantenere la famiglia e che le donne si occupino della casa. Poi ci sono i pregiudizi: spesso basta il cognome musulmano. Infine la scarsa conoscenza dell’inglese e la limitata scolarizzazione fanno la loro parte.
Tuttavia c’è qualche segnale incoraggiante. Secondo l’indagine sulla forza lavoro, dal 2008, nonostante la recessione, la proporzione delle donne pachistane attive è cresciuta dal 29% al 43%. Nello stesso periodo il tasso di occupazione delle donne bianche è rimasto al 68% e tra le africane è sceso. Shamit Saggar, dell’Università del Sussex segnala una grossa trasformazione in corso tra le ragazze bangladesi che a scuola hanno performance migliori delle compagne bianche.