“Notti di guardia” è un blog collettivo di operatori della sanità. Pubblichiamo stralci della testimonianza di Blue Dolphin in un pomeriggio di guardia a ostetricia.
Da quando lavoro qui non mi era ancora capitato. Mi chiedono se sono obiettrice. Che strano, ogni volta che sento questa espressione: obiezione di coscienza, provo come un fastidio. Obiezione… bellissima parola. Coscienza… ancora più bella, vibrante, dignitosa. Come mai messe insieme non mi fanno più una bella impressione, allora? Come la nutella e la maionese! Sarà qualcosa di personale, senz’altro. Sarà, per esempio, che penso al mio collega della mattina che ha “obiettato”, così che una donna che era qui dalle sette, pronta e digiuna, sta ancora aspettando che qualcuno la chiami. Con i propri pensieri e le proprie paure. Quando rispondo: “Scusate ragazze, ma vi sembro un prete o un’anestesista?” vedo facce inacidite intorno a me. Ci siamo tutti, si può chiamare la signora. Non è che sia stato così facile, però: un’ostetrica di sala, obiettrice, è stata sostituita da una del reparto. Idem per il ginecologo. Tutti i presenti hanno esercitato la propria scelta, come prevede la legge. Il che dovrebbe farmi supporre che per tutti noi quello che stiamo per fare è solo un atto medico… La mia supposizione è evidentemente sbagliata. Il clima è un po’ teso, imbarazzato. Vado a conoscere la donna, visita e domande di rito, torno in sala operatoria, annuncio il nome della paziente che sta per entrare e subito si alza un coro di galline: “Ma… è italiana?”. Beh, santiddio, è vero che siamo ormai un melting pot, ma ancora qualche paziente italiana ci è rimasta! “No, sa, è che per fare certe cose, di solito sono straniere…”. “Certe cose”. A 33 anni dalla 194… Colgo sguardi complici e borbottii a mezza voce: “Ma quanti anni avrà?”. La donna se ne accorge ma sta zitta. Urlerei io, in compenso. Sono così imbarazzata per i miei colleghi che non mi basta più fare da sola sforzi di gentilezza alla signora. Che poi, a dirla tutta, non è che l’empatia con i pazienti sia proprio la mia miglior virtù… Mi auguro che il midazolam della premedicazione la immerga nell’oblio e nell’amnesia. E ringrazio il santo propofol, quando il sonno profondo mette un muro tra lei e quell’idiota che dice: “Certo che a quell’età lì una dovrebbe saperlo come si rimane incinte, no?”. Perché, durante un’emicolectomia, non sento mai dire “Certo che di questi tempi lo sanno tutti che le carni rosse e i salumi fanno venire il cancro, no?”. Cinque minuti. Tutto questo teatrino per cinque minuti di intervento… Mi chiedo se sia stato un caso: una congiuntura di persone particolarmente stupide tutte nello stesso turno? Può darsi, conosco tanti colleghi che non si sarebbero comportati così. Ma se un giorno ci fossi io lì, nuda come un verme? Un preservativo bucato, una pillola saltata, una spirale dispettosa…