Sempre di Israele?

Un nostro lettore da Parigi ha chiesto discretamente a chi gli aveva regalato l’abbonamento se non fossimo un po’ antisemiti… “parlano sempre di Israele…”. Anche se sembra un po’ paradossale, visto che si riferisce a numeri in cui abbiamo pubblicato interviste decisamente favorevoli a Israele e al sionismo, questo ci sembra un buon argomento. C’è il Darfur, c’è di peggio al mondo, perché sempre Israele? Val la pena pensarci. Comunque la domanda “sono antisemita?” è una di quelle che possono accompagnare i nostri esercizi di autocoscienza per tutta la vita. Non è la sola però. Sono buone domande anche: “sono stato fascista?”, “sono diventato razzista?”, “sono maschilista?”. Per esempio, si può pensare che qualcuno che non si commuova più, mai, per la sofferenza dei palestinesi, che non ne parli più, che non voglia sapere cosa succede loro, che provi anzi una certa insofferenza se si accenna ai loro diritti, la domanda “sono diventato razzista?” possa anche farsela, per trovare certamente una risposta anche ragionevole e rassicurante, negativa, cioè. Ma farsi la domanda serve.
Dunque: perché parliamo sempre di Israele?
30 giugno 2007

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