Ogni volta che Salvini fa un comizio elettorale, si ripropone la questione se andarlo a contestare. Gli appelli partono e ci si raccomanda di munirsi di fischietti. Quindi non si va lì per esporre in silenzio cartelli e striscioni, ma per disturbare il comizio e per impedirne nei fatti l’ascolto se l’appello venisse raccolto da parecchie persone. Quindi Salvini non ha diritto di parlare? (Detto fra parentesi: non stiamo parlando di Casa Pound che si professa fascista mettendosi fuori dalla costituzione, ma di un partito che partecipa con pieno diritto alla vita democratica del paese e si professa democratico, un partito popolare del 33%, che oggi ha al suo interno, forse, più lavoratori dell’intera sinistra).
Qui, purtroppo, le cose sono nere o bianche: un democratico deve difendere (fino alla morte ha detto qualcuno?) il diritto di Salvini di parlare e chi vuol impedire a qualcuno di parlare è un antidemocratico. Nella nostra storia l’hanno fatto i fascisti negli anni Venti e gli estremisti di sinistra degli anni Settanta (e infatti, sappiamo, per chi c’era, di quanto poca considerazione, in quel campo, godesse la parola democrazia).
Se poi si parla di opportunità (ma è un argomento che non dovremmo neanche portare), tentare di impedire a Salvini di parlare vuol dire fargli un regalo grande come una casa. Ma tant’è, forse è proprio questo l’obiettivo per alcuni: meglio che vinca la Lega, così scoccherà l’ora di una vera opposizione. Antagonisti per sentirsi protagonisti.
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Web democracy
Si parla molto di democrazia diretta e di web democracy. Dal 2007, Mark Klein, del Center for Collective Intelligence del Mit di Boston, sta lavorando al cosiddetto Deliberatorium, una piattaforma online fondata su alcune idee tratte dalle teorie dell’argomentazione e del social computing (un’area di ricerca multidisciplinare che studia le intersezioni tra sistemi informatici e comportamenti) per aiutare ampi gruppi di persone a confrontarsi e a trovare soluzioni a problemi complessi dove si incontrano e scontrano interessi diversi. Leggi tutto “Web democracy”
Democrazia partecipativa applicata
Tristan Rechid l’aveva detto chiaramente: “Bisogna smettere di parlare di democrazia partecipativa e iniziare a praticarla”. Oggi è considerato l’ambasciatore di Saillans, un vilaggio di 1.125 abitanti, situato della regione del Rodano-Alpi, che si è messo a far sul serio. Leggi tutto “Democrazia partecipativa applicata”
Vinceranno gli autoritari?
“È difficile difendere e promuovere la democrazia liberale all’estero quando funziona così male a casa”. Così commenta Michael Ignatieff sull’ultimo numero della “New York Review of Books” in un lungo articolo dedicato al destino delle democrazie, che oggi sembrano venir soppiantate da regimi tutt’altro che liberali. Negli anni Trenta i viaggiatori andavano a visitare l’Italia di Mussolini, la Germania di Hitler o la Russia di Stalin e tornavano colpiti dall’efficenza. Oggi i turisti vanno in Cina per prendere il treno proiettile da Pechino a Shanghai, e proprio come nel 1930, tornano constatando che le autocrazie riescono a costruire linee ferroviarie ad alta velocità da un giorno all’altro, mentre da noi possono passare decenni prima di riuscire a cominciare. Leggi tutto “Vinceranno gli autoritari?”