In un campo profughi in Siria le guardie hanno ordinato a Nousha e alle altre volontarie del progetto Amal ou Salaam (Speranza e pace) di coprirsi i capelli, prima di entrare. Si sono rifiutate, e hanno portato l’attività altrove. “Non potevo accettare il compromesso -spiega Nousha-, perché avrebbe pregiudicato una delle cose importanti del nostro volontariato: ricordare alle bambine che nel mondo arabo le donne di ogni classe sociale ed età hanno sempre potuto seguire le mode più differenti. Quando ero piccola io, a Damasco, essere una ragazza ‘pudìca’ significava indossare le magliette a mezze maniche invece delle canottiere…”. Leggi tutto “Il look di Nousha”