Reddito universale o decente?

“Reddito universale, il far niente per tutti”. Così la prima pagina di “Liberation” del 12 gennaio. Manuel Valls, che al reddito universale preferisce un “reddito decente”, sostiene invece la proposta di un’indennità dignitosa, ma legata al lavoro e solo per chi ne ha bisogno. Ad aprire il dibattito su una somma minima versata a tutti, è stato Benoit Hamon, vincitore del primo turno delle primarie in Francia.

Nella sua proposta si comincerebbe con 600 euro per i giovani dai 18 ai 25 anni, “un dispositivo contro la precarietà che definisce un nuovo rapporto tra lavoro e tempo libero”. Proprio su quest’ultima annotazione si concentrano le maggiori perplessità. Molti infatti contestano l’idea che il lavoro vada scomparendo con la tecnologia; la storia ci mostra che il mercato del lavoro si adatta sempre e, man mano che dei settori scompaiono, altri emergono. L’ipotesi una “evaporazione massiccia” dei lavori è insomma tutta da verificare. Poi c’è il problema della copertura. Se davvero, a regime, l’obiettivo è di offrire un reddito di 750 euro a tutti, servono entrate supplementari nell’ordine di 480 miliardi. Dove si prendono? C’è inoltre una preoccupazione per gli effetti perversi, per esempio sul costo degli affitti (una volta che i locatori sanno che i loro inquilini hanno un reddito sicuro) o sui lavori poco qualificati e poco remunerati che risulteranno ben poco appetibili.
C’è chi, infine, all’idea del “far niente per tutti”, continua a preferire la proposta di “un lavoro per tutti”, forte della convinzione che lavorare non significa solo prendere lo stipendio. Insomma, forse è riduttivo pensare che l’inattività sia solo un problema economico. Il dibattito è aperto.

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