Riconquistata dai curdi con l’aiuto dei bombardamenti americani lo scorso gennaio, a Kobane la vita sta lentamente ripartendo. Qualcuno è tornato: è il caso di Mohammad, che per qualche tempo aveva trovato rifugio in Turchia. Ora il meccanico cinquantaseienne si reca tutte le mattine davanti alla casa semidistrutta in cui aveva cresciuto i tre figli. I due maggiori, di 17 e 29 anni, si erano arruolati con la resistenza curda e sono morti in battaglia, così quand’era in Turchia lui ha messo il terzo, quindicenne, su un barcone diretto in Europa. “Avrei dovuto sacrificarli tutti e tre?”. Come tanti altri suoi concittadini, Mohammad non riesce a capire perché Daesh abbia speso tante energie per conquistare la sua città, dove l’80 per cento degli edifici è danneggiato. “Non ci hanno lasciato nulla. Nè i soldi, né le case, né i nostri figli”.