Rimpiangere i Talebani

Quando i combattenti dello Stato Islamico hanno occupato la Valle di Mahmand, hanno messo le mani dei ribelli in vasche di olio bollente. Un gruppo di abitanti di un villaggio è stato bendato, torturato e fatto esplodere. “Hanno estratto i denti di mio fratello prima di costringerlo a sedersi sopra degli esplosivi”. Malik Namos, un anziano scampato all’assalto, non ha dubbi: «Sono peggio dei talebani, e di ogni gruppo che abbiamo visto”.
Dopo il ritiro delle truppe americane, l’Isis si è presentato in Afghanistan reclutando i simpatizzanti e costringendo alla fuga gli altri.  Già a gennaio, i leader dell’Isis siriano hanno annunciato la creazione del loro “Khorasan”, nome antico dell’area che comprende Afghanistan e Pakistan. La convivenza con i talebani è durata pochissimo. Sono presto cominciati scontri feroci seguiti dalle distruzioni dei villaggi che facevano resistenza.
Nel villaggio di Loi Papin, i nuovi ordini sono arrivati dalla moschea: “Se hai quattro figli, due verranno con noi. Se ne hai due, uno verrà con noi”. Nel distretto di Dih Bala, le famiglie sono state costrette a issare una bandiera bianca per ogni figlia femmina non sposata. In altre aree, i combattenti dell’Isis si sono sentiti in diritto di sposare le vedove dei talebani.
Ora l’islam professato è quello wahabita più rigido: gli uomini sono invitati a farsi crescere la barba, le donne a indossare il burqa e possono uscire solo se accompagnate. Non si può fumare né bere. E tuttavia, così come i talebani non avevano fatto nulla per fermarlo, neanche l’Isis pare interessato a fermare il commercio di oppio.
Certo è che mai gli afghani avrebbero immaginato di poter rimbiangere i talebani.
“C’è un’enorme differenza tra il modo in cui i talebani trattavano le persone e il modo in cui lo fa Daesh. E io preferisco i talebani tutti i giorni”, commenta amaramente Hayatullah.
(www.washingtonpost.com)

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