Torleif Sanchez Hammer e i suoi amici, tutti di Fredrikstad, cittadina del sud della Norvegia, erano noti alle forze dell’ordine. I problemi sono cominciati quando la polizia ha smesso di vederli in giro: nel corso di qualche mese, uno dopo l’altro, Hammer (che non era nemmeno musulmano, bensì figlio di filippini, quindi cattolico) e almeno atri sei ragazzi, sono partiti per la Siria. Com’è possibile? Se lo sono chiesti i genitori, i vicini, la polizia, ma anche i massimi servizi di sicurezza nazionale. Tanto più che, a parte la vicinanza fisica, i ragazzi non avevano molto in comune: erano diversi per condizioni socio-economiche e perfino per religione: un filippino, un ceceno, un curdo; non avevano nemmeno grossi problemi in famiglia.
Forse l’unica cosa che li accomunava era che non erano “funzionali” alla società. Fredrikstad è una cittadina fatta di piccole case in legno; un luogo pulito e ordinato. Alla fine a innescare la scelta pare sia stata l’influenza reciproca, una sorta di contagio rafforzato dall’esempio di Abdullah Chaib, un calciatore del posto molto popolare che poco tempo prima, a 23 anni, era partito per la Siria dove era stato ucciso il mese successivo.
Oggi non si sa quale sia stato il destino di Hammer. A dicembre del 2013 aveva detto alla madre di essere in partenza per la Grecia, ma l’ultima sua foto postata su Facebook lo ritraeva in tuta mimetica con una bandana nera e una pistola. Degli altri sei ragazzi partiti per la Siria, quattro sono stati dichiarati morti e due sono tornati in Norvegia; uno è in attesa di processo e l’altro s’è dato alla macchia.
(nytimes.com)