L’India e Charlie Hebdo

Alla polizia di Mumbai poco importa della campagna globale di solidarietà a Charlie Hebdo: in India condividere online contenuti ritenuti offensivi è un reato, e le forze di sicurezza cittadine, che nel 2008 hanno fronteggiato un attacco terroristico islamista con quasi duecento vittime civili, stanno in guardia. Ne ha parlato il Daily Mail India. Le disposizioni dell’art. 66A del controverso IT Act, la legge sulle comunicazioni informatiche emanata nel 2000, parlano chiaro: è vietato “provocare offesa” online. Le pene prevedono una multa e fino a tre anni di carcere e, come ricorda Pranav Joshi del quotidiano Daily News and Analysis, in passato la legge è stata applicata in modo censorio su contenuti ben più blandi di quelli di Charlie Hebdo.

Centinaia di utenti indiani hanno segnalato di essersi visti rimuovere post contenenti le vignette più controverse del settimanale francese, ma la polizia parla solo di qualche caso isolato. “Abbiamo bloccato solo tre o quattro post -ha affermato Dhananjay Kulkarni, portavoce della polizia cittadina, che dal 2013 ha un intero ufficio dedito a scandagliare i principali social network-, ma restiamo in allerta. Dobbiamo tenere d’occhio tutto ciò che potrebbe ferire il sentimento religioso”. Una volta individuato un post “controverso”, la polizia contatta i gestori del servizio per farsi consegnare l’indirizzo IP dell’utente, rintracciarlo e perseguirlo.

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