Cordone sanitario

L’epidemia di Ebola che sta colpendo l’Africa ha colto i governi dei paesi interessati totalmente alla sprovvista. Le strategie tradizionali si sono rivelate subito insufficienti. Così qualcuno ha pensato di ricorrere a una strategia abbandonata ormai da un secolo: il cosiddetto “cordone sanitario”. In pratica si traccia una linea attorno alla zona infetta e non si lascia più uscire nessuno.
Tale sistema, in uso durante la peste, non era più stato adottato dai tempi della chiusura del confine tra Russia e Polonia per fermare l’epidemia di tifo. Era il 1918.
Il problema di questo metodo è la sua potenziale disumanità perché adottato in modo rigoroso significa lasciar morire la gente rimasta chiusa dentro il “cordone”. Il primo agosto a Conakry, in Guinea, c’è stato un incontro di emergenza dell’Unione del fiume Mano (Guinea, Sierra Leone e Liberia), le tre nazioni più colpite. In quell’occasione si è deciso di isolare un’area triangolare nel punto di incontro tra i tre paesi. Ai primi di agosto si contavano 1800 casi e oltre 1000 morti in quella regione.
Le istituzioni sanitarie internazionali si raccomandano che il cordone lasci comunque passare cibo, acqua e medicinali. L’Oms mette in guardia sulla tutela dei diritti umani. Intanto gli abitanti chiusi all’interno del cordone sanitario in Sierra Leone e Liberia hanno confessato ai giornalisti di aver paura di morire di fame. Molti coltivatori sono morti, i commercianti non girano più e già ora i prezzi stanno aumentando .
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