Approvare i nuovi farmaci

Sembra un aggiornamento dei fatti narrati nel recente “Dallas Buyers Club“. Il film, vincitore di tre premi alla ultima notte degli Oscar, è tratto dalla vera storia di Ron Woodroof, sieropositivo, che negli anni Ottanta rivendicava la libertà di cura.

Nei primi anni Novanta, anche Gregg Gonsalves era impegnato in quella battaglia: organizzava sit-in davanti agli uffici della Food and Drugs Administration per protestare contro la lentezza delle procedure per l’approvazione dei farmaci sperimentali per il trattamento dei pazienti affetti da Aids. Ora, venticinque anni più tardi, Gregg fa l’esatto contrario: va a Washington a perorare la causa dell’Agenzia contro chi vorrebbe una velocizzazione dei tempi.  Ne ha parlato Matthew Perrone della Associated Press.

Dopo le lotte dei malati di Aids negli anni Ottanta-Novanta per la libertà di cura, in queste settimane la Food and Drugs Administration (Fda) è tornata al centro delle polemiche negli Stati Uniti per la supposta “lentezza” delle sue procedure, al punto che tre Stati (Colorado, Louisiana e Missouri) hanno già legiferato per precedere alla somministrazione ai pazienti di nuovi farmaci anche senza l’autorizzazione dell’Agenzia, mentre altri quattro (Arizona, Florida, Oklahoma e Utah) si preparano a farlo nei prossimi mesi.

Gonsalves ha rivisto la sua posizione di vent’anni fa. Confessa: “La retorica attuale dipinge la Fda come un ostacolo all’innovazione, perché ‘impedisce l’accesso ai nuovi farmaci’. Ed è così che argomentavano noi, venticinque anni fa. Nessuno, però, sembra voler difendere il ruolo di garante dell’Agenzia, le cui procedure  sono già più rapide che in Europa e Canada”. Secondo uno studio del 2012 del New England Journal of Medicine, infatti, la Fda ci mette mediamente dieci mesi, a decidere della validità di un farmaco; solo sei, invece, per i farmaci ad alta priorità. Mentre, grande novità rispetto al passato, è ora possibile per un paziente terminale richiedere l’accesso a terapie sperimentali anche se non approvate dalla Fda.

Per ammissione dello stesso Gonsalves, la pressione esercitata in passato dai gruppi attivisti sulla Fda sembra aver lanciato un segnale a molte lobby: l’Agenzia è influenzabile dai movimenti d’opinione. E così, mentre attivisti della prima ora come Gonsalves si sono convinti da tempo dell’importanza di svolgere ricerche adeguate sulle terapie, a fare la parte degli “accelleratori” oggi ci sarebbero anche le lobby delle case farmaceutiche, che finanziano alcune associazioni di malati ora in trincea.

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