Belona Greenwood*, da Norwich, Inghilterra, ci parla dell’abitudine degli inglesi a fare conti alla rovescia, e del referendum per l’indipendenza della Scozia…
Cari amici,
a noi piacciono i countdown. Non so se questo avvenga anche negli altri paesi, ma noi abbiamo countdown annuali: un continuo chiacchiericcio su quanto ancora manca al Natale o il conto alla rovescia sui Mondiali durato fino a che la competizione non ha invaso i gremiti locali notturni. Esiste perfino un gioco televisivo -una droga, per i telespettatori intellettuali del tardo pomeriggio- chiamato Countdown. Recentemente il conto alla rovescia che ha fatto più notizia è stato quello dei 100 giorni.
Si tratta dei 100 giorni precedenti il referendum sull’indipendenza della Scozia, che hanno conquistato la prima pagina perché l’inizio del countdown coincideva con le votazioni pubbliche sul disfacimento dell’unione, sullo scioglimento e sul taglio di nodi stretti; se ciò avverrà, ritengo che per gli inglesi sarà una tragedia. Questo mio sentimento non mi metterà certo in buona luce fra coloro che sono a favore dell’indipendenza. Perché mai la Scozia dovrebbe tollerare politiche governative che non ha mai votato o supportato? La Scozia è priva di conservatori, eppure lo zampino Tory si è spinto fin nella loro torta democratica.
La scrittrice J.K. Rowling, dalla cui penna, in un bar di Edimburgo, ha preso vita il famoso maghetto Harry Potter, si è impegnata a donare un milione di sterline alla campagna per il “No” al referendum, la cosiddetta “Better Together” (Insieme è meglio). Gliene sono grata: ritengo che la Scozia -lassù tra le serpeggianti formazioni rocciose in cima all’isola, il capo esposto al gelo dei forti venti e dei mari gelidi- sia una valida guida e un richiamo alla nostra parte migliore: una parte dal cuore generoso.
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