Stateless

Steven vive in Gran Bretagna, dove non può avere un lavoro, un conto in banca, la patente, o sposarsi. Ma non può nemmeno andarsene. La sua storia è curiosa: tre anni fa si presentò a una Stazione di Polizia di Cardiff e chiese di essere arrestato. Almeno in una cella avrebbe avuto un posto dove stare. Ma i poliziotti rifiutarono. Steven non sa nemmeno bene dov’è nato, 32 anni fa, suppone in Zimbabwe o in Mozambico. La madre, che faceva la commerciante, viaggiando tra vari paesi, è sparita quando aveva 18 anni e il non avere un certificato di nascita si è rivelata una maledizione: senza infatti non è possibile ottenere un qualsiasi documento d’identità. Scappato dallo Zimbabwe perché aderente a un movimento di opposizione al presidente Mugabe, Steven è arrivato a Londra con un passaporto falso. La sua richiesta d’asilo non è andata a buon fine, ma senza documenti non poteva essere espulso, così si è trasferito a Cardiff dove ha fatto dei lavoretti, si è innamorato di una giovane ugandese e ha avuto un figlio.
“Era una vita normale”, ricorda, fino a quando la sua fidanzata, finiti gli studi, è dovuta rientrare in Uganda, ovviamente con la figlia. A quel punto è stato un precipitare degli eventi: a un controllo è risultato ovviamente non in regola sul lavoro ed è stato lasciato a casa, per di più da solo.
Le Nazioni Unite stimano che ci siano circa 12 milioni di persone “Stateless”, cioè senza stato, nel mondo. L’ha ricordato Emma Batha ne “L’Independent”, raccontando la storia di uno di loro, Steven appunto, il cui sogno oggi è una carta d’identità con una sua foto: “Non ne ho mai avuto una”.
(independent.co.uk)

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