I dodicenni del 1914

Belona Greenwood, da Norwich, Inghilterra, ci scrive delle iniziative per l’anniversario della Prima guerra mondiale e del dubbio che per i più giovani quel passato resti incomprensibile.

Ca­ri ami­ci,
una mia co­no­scen­te è ma­dre di due ra­gaz­zi­ni. Po­treb­be­ro es­se­re i due gio­va­ni prin­ci­pi di una fa­vo­la: l’u­no chia­ro, l’al­tro scu­ro. Nel tem­po li­be­ro suo­na­no la chi­tar­ra e la bat­te­ria in un grup­po fra­go­ro­sa­men­te di­sar­mo­ni­co, han­no la ra­gaz­za, stu­dia­no per gli esa­mi e co­mu­ni­ca­no tra lo­ro me­dian­te cen­ni del­la te­sta e mez­ze fra­si. La ma­dre li pro­teg­ge con fer­vo­re, qua­si fos­se­ro due fra­gi­li crea­tu­re che po­treb­be­ro spez­zar­si al­la pri­ma fo­la­ta di ven­to. Ri­cor­do di es­ser­mi chie­sta co­me sa­reb­be sta­to per lei se i suoi fi­gli fos­se­ro vis­su­ti un cen­ti­na­io d’an­ni fa, quan­do la pri­ma guer­ra mon­dia­le chie­de­va ed esi­ge­va che i gio­va­ni in buo­na sa­lu­te si ar­ruo­las­se­ro co­me vo­lon­ta­ri. Qua­le pe­na avreb­be pro­va­to, sa­lu­tan­do­li da un bi­na­rio, men­tre un tre­no li por­ta­va a un cam­po mi­li­ta­re do­ve, du­ran­te la de­so­lan­te mes­sin­sce­na di un at­tac­co con­tro ber­sa­gli vi­vi, avreb­be­ro im­pa­ra­to a pren­de­re a ba­io­net­ta­te de­gli spa­ven­ta­pas­se­ri im­bot­ti­ti; co­me, spe­di­ti al fron­te scar­sa­men­te equi­pag­gia­ti e trop­po spes­so prov­vi­sti di ar­mi di­fet­to­se, si sa­reb­be­ro ub­bi­dien­te­men­te lan­cia­ti al­l’at­tac­co sot­to il fuo­co del­l’ar­ti­glie­ria, le gra­na­te, il gas o le mi­tra­glia­tri­ci o il fuo­co dei cec­chi­ni, do­man­do, in qual­che mo­do, la lo­ro pau­ra mor­ta­le, e se ne fos­se mor­to uno, se fos­se­ro mor­ti en­tram­bi, co­sa sa­reb­be ri­ma­sto al­la ma­dre se non il vuo­to; lo stes­so vuo­to di cen­ti­na­ia e mi­glia­ia di al­tre ma­dri. Il sa­cri­fi­cio di in­te­re ge­ne­ra­zio­ni, le vi­te so­li­ta­rie di don­ne e ra­gaz­ze pri­va­te del toc­co o del­la pre­sen­za di un uo­mo. Non fu­ro­no sol­tan­to quei gio­va­ni sol­da­ti ad es­se­re as­sas­si­na­ti in mas­sa, ma il po­ten­zia­le del fu­tu­ro.

Estratto della lettera dall’Inghilterra pubblicata nel n. 210 di Una città.

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