Sull’ultimo numero del “New Yorker”, George Packer dedica un lungo e approfondito pezzo ad Amazon e soprattutto al suo fondatore, Jeff Bezos, che nel 1994, a trent’anni, lasciò Manhattan e il suo lavoro come gestore di fondi per trasferirsi a Seattle e buttarsi nell’impresa di una libreria online. Packer riconosce una genialità in quella scelta dettata, pare, non tanto dall’amore per i libri, ma proprio dalla convinzione che era il prodotto “giusto”. Nel senso che vendere libri era il sistema migliore per raccogliere dati su acquirenti benestanti e istruiti. Un target straordinario. Insomma, erano proprio i dati l’obiettivo, che poi restano il vero patrimonio di Amazon. Aver chiaro questo rende comprensibile anche la politica estremamente aggressiva sui prezzi (peraltro resa possibile dalla “spremitura” dei fornitori). Una volta immagazzinati i dati di milioni di consumatori scelti, il secondo passo era mettersi a vendere di tutto.
L’articolo di Packer è molto critico. Viene denunciato il trattamento riservato ai piccoli editori e anche ai dipendenti, costretti a percorrere a passo spedito fino a undici miglia per ogni turno dentro questi spazi immensi, dove peraltro la velocità di evasione dell’ordine è costantemente tenuta sotto controllo. Tutto per soddisfare il cliente; ogni sacrificio è accettabile per il cliente e quindi nessun lavoratore di Amazon è iscritto al sindacato “perché il cliente ne soffrirebbe”.
Bezos è comunque una figura piuttosto articolata. Si è detto che per capire Amazon bisogna conoscere la logica che sta dietro le assunzioni: non vieni assunto per fare uno specifico compito, ma per essere un “amazoniano”. Molti manager sono stati sottoposti al test di personalità Myers-Briggs e pare che la maggioranza rientri nel prototipo dell’introverso, del tipo attento ai dettagli. Niente musicisti, designers o venditori, ma persone laureatesi al Mit a pieni voti; gente che però non sa cosa dire quando incontra una donna in un locale. Gente come Bezos insomma.
Sempre in nome della “personalizzazione”, i saggi “fatti in casa” e le interviste agli autori nel tempo sono stati sostituiti da recensioni fatte dagli stessi consumatori e soprattutto da algoritmi che in base agli acquisti effettuati producono consigli per i possibili acquisti futuri.
Il cliente, l’utente e il soddisfacimento di ogni suo desiderio è qualcosa di quasi teologico per Bezos. Ecco allora l’ultima trovata: il “1-click shopping”, che permette di concludere l’acquisto appunto con un solo click (indirizzo di spedizione e dati della carta di credito sono già in possesso di Amazon).
Ma non finisce qui: la prossima frontiera sarà la consegna in giornata dell’articolo acquistato. Prima in qualche città, poi in tutti gli Stati Uniti e poi in tutto il mondo. Ovviamente affinché questo sia possibile bisognerà agire in anticipo. Le informazioni sullo storico dei nostri acquisti verranno allora usate per mettere vicino a noi (in un magazzino o in un camion) tutte quelle cose che noi ancora non sappiamo di voler comprare (ma Amazon invece sì).
(www.newyorker.com)