Nell’ultimo numero de “Le Scienze”, c’è un lungo articolo di Ferris Jabr dedicato alla differenza tra leggere su carta e leggere su schermi. Il pezzo comincia parlando di un video virale in cui si vede una bambina che cerca di ingrandire e scorrere le pagine di una rivista cartacea, con i movimenti tipici di un tablet. Il titolo del video è “Una rivista è un iPad che non funziona”. L’autore prende spunto da quelle immagini per interrogarsi su come la tecnologia cambia la lettura. La risposta non è affatto banale. E’ dagli anni Ottanta che si cerca di rispondere a questa domanda. All’inizio la qualità degli schermi era piuttosto scarsa e questo faceva sì che la lettura fosse faticosa, a scapito della comprensione e memorizzazione di quello che si era letto; un problema non ancora del tutto risolto. La considerazione più interessante riguarda però un altro aspetto: pare che quando leggiamo, costruiamo una rappresentazione mentale del testo, una specie di paesaggio; qualcosa di simile alle mappe mentali di un territorio. Infatti tendiamo a ricordarci in che posizione della pagina era un determinato riferimento. Questa topografia è totalmente assente quando leggiamo su uno schermo; non ci sono pagine destre e sinistre, non ci sono proprio pagine in effetti. Questo rende impossibile mappare il testo nella sua interezza, con effetti negativi sulla comprensione.
resta poi il problema di un maggiore affaticamento dovuto alla luminosità dello schermo. Ma forse conta anche la constatazione che ci si avvicina alla lettura video con “minore impegno mentale”.
Anche rispetto ai più piccoli la carta sta rivelando una dote poco apprezzata forse, ossia la sua semplicità. I testi digitali hanno innegabili vantaggi: si può accedere a milioni di testi, fare ricerche, ingrandire se ci si vede poco, eccetera eccetera, però tendono anche a distrarre e a volte gli effetti sonori e le opzioni multimediali non vanno a vantaggio della comprensione, soprattutto nel caso dei bambini. E poi non è ancora stata risolta la questione sensoriale. I libri hanno una forma, uno spessore e un peso; si può sentire la traccia d’inchiostro sulla pagina, si possono fare gli angoli. Non sono cose da poco, se tanto sforzo viene impiegato per rendere l’esperienza della lettura video il più simile possibile a quella su carta. E non sarà un caso se anche da recenti studi è risultato che la stragrande maggioranza degli studenti universitari, “per capire” deve leggere su carta e in generale per concentrarci su quello che leggiamo dobbiamo stampare.