Ne hanno parlato anche James Angelos e Nina Adam sul “Wall Street Journal” qualche tempo fa. Il miracolo della Germania continua, ma pare che una quota crescente di lavoratori ne sia escluso. Se infatti il tasso di disoccupazione è da tempo stabile intorno al 7%, circa 7,4 milioni, cioè un lavoratore su cinque, fanno un “mini-job”, cioè svolgono un piccolo impiego che permette loro di portare a casa 450 euro (netti) al mese. Soprattutto nell’ambito del commercio e della salute, questa formula ha avuto un boom inaspettato, tanto che molti iniziano ad avere dei dubbi.
I datori di lavoro ricordano che questa modalità permette a genitori in congedo, pensionati e studenti di portare a casa una piccola somma pulita e a loro di poter usare la forza lavoro con la necessaria flessibilità. Una possibilità apprezzata soprattutto nel campo della ristorazione e della vendita al dettaglio dove ci sono picchi stagionali o addirittura nel corso della stessa giornata.
Il problema è che i mini-job erano stati pensati come occupazioni di passaggio verso qualcosa di meglio, invece è andata finire che i datori non hanno incentivo a trasformarli in lavori regolari e al contempo i lavoratori non sono spinti a lavorare di più per via della totale esenzione dalle tasse. Werner Eichhorst, di un istituto di ricerca, li definisce dei lavori “senza via d’uscita”. In pratica la gente resta intrappolata in queste posizioni che progressivamente stanno sostituendo quelle regolari. Oggi la paga oraria dei mini-job va dai 5 ai 20 euro al mese e due terzi dei mini-lavoratori non hanno altri introiti.
Il rischio della trappola vale soprattutto per le donne, che accedono a questa modalità durante il congedo e poi non ne escono più.
I giornalisti riportano la storia di Angela Chevrollier, cinquantenne di Brema, che ha un part-time in una clinica per pazienti in coma; Angela, trovandosi nella necessità di dover aiutare i figli all’università, ha trovato un mini-job: tre sere al mese lavora in un centro psichiatrico, preferirebbe avere un (solo) lavoro che le permettesse di sopravvivere, ma così oggi vanno le cose.
Altrove, come nella città di Delmenhorst, le cose vanno anche peggio: il 35% dei lavori sono mini-job: è la più alta percentuale dell’intera Germania.
(wsj.it)