Anche la prostituzione è stata colpita da una grave recessione: il sesso non si vende più.
Debbie, una prostituta che gestisce un appartamento con altre mature signore nell’Inghilterra occidentale, fino a un anno fa faceva 8-9 appuntamenti al giorno, oggi ne ha due se va bene. Ovviamente ha dovuto tagliare le tariffe, se no aveva già chiuso: ormai guadagna di più a fare dei mercatini con le cose vecchie.
George McCoy, che gestisce un sito web in cui pubblicizza oltre cinquemila sale di massaggio, sta registrando una drastica diminuzione di visitatori. Questo nonostante i gestori delle varie attività siano stati tutti costretti a rivedere i prezzi (o a chiudere).
Ormai pagare per il sesso è diventato un lusso che pochi possono permettersi: “Prima viene il cibo, il mutuo, la benzina”, racconta Vivienne, escort indipendente. Lei per la disperazione ha ridotto le tariffe a poco più di venti euro. L’alternativa era non avere più alcun cliente. Sono passati i tempi in cui questo lavoro permetteva di vivere bene: tra la crisi e gli immigrati, ormai il settore è saturo e in balia di una competizione selvaggia. Abbassare troppo il prezzo però espone a una clientela a volte pericolosa e infatti qualcuna è stata costretta a rialzarlo di corsa. C’è poi chi si butta su servizi telefonici o via web-cam, ancora più economici.
Non tutto va male, alcuni “comparti”, come quello delle dominatrici, vanno molto bene, perfino troppo per McCoy.
Purtroppo la crisi ha anche spinto alcune ex prostitute che avevano trovato occupazioni diverse a tornare sulla strada. Ma il lavoro di prostituta è molto più pericoloso di altri. Sempre più spesso in rete compaiono foto, indirizzi email, tutti dati che mettono a repentaglio l’incolumità di queste donne. Grandi rischi in cambio di introiti sempre più risibili.
(economist.com)