Incubo batteri

“I nostri antibiotici più potenti non funzionano e i pazienti si trovano con infezioni potenzialmente incurabili”. La notizia compare in prima pagina sul “Washington Post”. Thomas Frieden, direttore dei Centri per il Controllo delle Malattie e la Prevenzione, all’ultima conferenza ha suonato l’allarme. Gli enterobatteri resistenti ai carbapenemi non si sono ancora diffusi nella comunità, e tuttavia bisogna intervenire perché sono estremamente pericoli. Frieden parla di una “tripla minaccia”. Intanto sono resistenti a tutti i quasi gli antibiotici, anche di ultima generazione. In secondo luogo uccidono fino alla metà dei pazienti infettati. In terzo luogo questi batteri possono trasferire la loro resistenza ad altri batteri della stessa famiglia rendendo anche questi intrattabili.
Negli ultimi dieci anni la percentuale di batteri resistenti agli antibiotici si è quadruplicata: dall’1,2% del 2001 al 4,2% del 2011.
Nella prima metà del 2012 negli Usa almeno duecento tra ospedali e ricoveri per lungodegenti hanno trattato almeno un paziente infettato da questi batteri.
Gli enterobatteri sono una famiglia di oltre 70 batteri, tra cui l’Eecherichia Coli, che normalmente vive nel nostro sistema digestivo.
Dei 19 pazienti infettati da un focolaio in un ospedale degli Stati Uniti un paio di anni fa, 12 sono morti e tra questi, almeno sette decessi sono direttamente imputabili al Klebsiella pneumoniae, altro batterio resistente agli antibiotici. All’epoca il personale deputato al controllo delle infezioni ha tamponato attrezzature, pareti, sponde dei letti e pazienti per monitorare e contenere il batterio. Nonostante gli sforzi estremi, a distanza di un anno, il batterio risultava ancora presente in alcune superfici e anche nell’organismo dei pazienti più deboli.
Finora i pazienti morti in seguito a queste infezioni risultano comunque fragili, con il sistema immunitario già compromesso a causa delle terapie oncologiche o anti-rigetto post-trapianto o ancora a causa di disordini genetici. Questi batteri passano talvolta da paziente a paziente attraverso le mani dei medici e degli infermieri. Tutte le precauzioni che prevedono accurata pulizia delle mani e degli ambienti vanno promosse (e pretese dai pazienti), ma  serve soprattutto una maggiore cautela nella prescrizione di antibiotici, riservandola esclusivamente ai casi in cui è veramente necessaria. Come è ormai noto: più assumiamo antibiotici più incoraggiamo la diffusione di batteri resistenti.
(washingtonpost.com)

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