Il cugino ricco

È l’ottavo produttore di petrolio al mondo, ma non fa parte dell’Opec, è a tutti gli effetti un “petro State”, ma non è uno Stato arabo. In più promuove i diritti umani e spende moltissime delle sue ricchezze in spesa pubblica. È la Norvegia. Un paese che l’Economist ha preso recentemente in considerazione in un’indagine sui paesi scandinavi, per raccontare come, a differenza dei suoi vicini, la Norvegia stia abbracciando il capitalismo di Stato.
La compagnia petrolifera nazionale, Statoil, è la più grande della regione. Lo stato norvegese possiede ampie quote di Telenor, il più grande operatore telefonico, di Norsk Hydro, il maggiore produttore di alluminio, e di DnBNor, la banca più importante. Possiede inoltre il 37% della Borsa di Oslo, ecc. Tutto questo grazie al petrolio scoperto nel mar del Nord nel 1969. La formula del controllo statale attraverso quote societarie (anziché imponendo regole) pare funzionare. Ora la sfida è come trovare la miglior combinazione tra controllo statale e competizione globale.
Come si diceva, tra i “petro State”, la Norvegia resta un caso anomalo: il petrolio sembra infatti non aver contaminato la “cultura nordica” del paese. La ricchezza petrolifera non ha distrutto lo spirito egalitario: in Norvegia ci sono i lavoratori manuali meglio pagati e gli amministratori delegati peggio pagati.
Che sia una nazione che non perde la testa facilmente, lo si è visto anche dopo la strage compiuta da Anders Breivik in nome della supremazia bianca. La reazione del paese, estremamente composta, ha colpito il mondo intero. Breivik è stato sottoposto a un processo impeccabile che si è concluso con una condanna a 21 anni.
(economist.com)

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