Sull’onda dell’Affordable Care Act (più noto come Obamacare), che rivoluzionerà l’intero sistema sanitario americano, a New York stanno pensando a un esperimento audace: legare lo stipendio dei medici, non solo al contenimento delle spese, ma anche alla valutazione dei pazienti rispetto alle cure ricevute. Ne parla Anemona Hartocollis sul “New York Times”. I dottori sono preoccupati di venir così penalizzati da variabili fuori dal loro controllo, come la pulizia dei reparti o la gentilezza delle infermiere. Ma in parte è già deciso: nei prossimi anni il governo federale premierà o punirà gli ospedali in base a performance collegate allo stato di salute e alla soddisfazione dei pazienti trattati. Allineare lo stipendio dei medici agli stessi criteri è considerato un modo per garantirsi gli incentivi federali. L’idea è piaciuta anche agli amministratori degli ospedali privati che stanno considerando di incorporare i criteri federali nella loro struttura dei salari. Tra i 13 indicatori c’è il giudizio dei pazienti sulla qualità della comunicazione del medico, ma anche il tasso di rientro in ospedale nei 30 giorni che seguono la dimissione, il tempo dal triage al letto per certe patologie ecc.
I sindacati stanno mediando sul numero e il tipo di indicatori. Ma il vero problema è che i medici trovano questa proposta umiliante. D’altra parte il vecchio sistema di incentivi di fatto portava a un eccesso di diagnosi e spesso a un peggioramento delle stesse per poter giustificare terapie e interventi costosi. Tra i detrattori c’è chi ricorda il precedente inglese. All’epoca i bonus pensati per i medici che soddisfacevano una serie di requisiti finirono per esser dati a tutti dimostrando non tanto che la qualità era migliorata ma che (più probabilmente) i medici erano riusciti ad aggirare i test, per esempio cercando di evitare i pazienti poveri che notoriamente sono i meno soddisfatti e quelli che più difficilmente registrano grandi miglioramenti.