Peccato questa storia dei mutui.
Ora che succederà? Che per avere la prima casa bisognerà portare la seconda a garanzia?
Dispiace anche un po’ che con la bolla speculativa (che, certo, è sempre meglio che scoppi il prima possibile) si dissolva anche, come una bolla di sapone, la parola d’ordine lanciata da Bush di “tutti proprietari”. Noi troviamo che sia una parola d’ordine bellissima, che la sinistra, a maggior titolo della destra, potrebbe scrivere a lettere d’oro sulle proprie bandiere. Proprietari di se stessi, del proprio corpo, della casa in cui si abita, del proprio sapere e del proprio lavoro, proprietari, insieme agli altri, dell’ambiente in cui si vive… E’ una parola d’ordine che non solo mette in contraddizione radicale con se stesso il liberalismo (che, come ci ha spiegato l’amico Nico Berti, difende il diritto di proprietà ben sapendo dell’impossibilità del suo esercizio da parte di ognuno); non solo ci salvaguarda da ogni utopia collettivista o da ogni forma di paternalismo sociale, immancabilmente destinate a scivolare in dispotismi burocratici; ma rimette su fondamenta solide le lotte per i diritti sociali, altrimenti destinati a essere un ibrido fra conquiste sociali e pervasive legiferazioni, entrambe sempre reversibili.
“Tutti proprietari”, una parola d’ordine bellissima, che fa impallidire una sinistra, cosiddetta radicale, convertita ormai alla “protezione dei deboli”, imperativo quanto mai nobile se dettato da un sentimento che è del tutto umano e universale, quanto mai equivoco come programma politico di una sinistra che, da sempre, ha e deve avere nell’emancipazione la sua prima ragion d’essere.
La proprietà libera, scrisse Proudhon dopo aver detto che era un furto. Una verità elementare che conoscono bene tutti coloro che finalmente, con tanti sacrifici, possono entrare in una casa loro.
Ripensando al 68 e oltre, e all’“andata fra gli operai”, vien da vergognarsi ricordando il disprezzo che tanti studenti e intellettuali, spesso figli di “proprietari”, provavano per i tre grandi sogni riposti nel cuore di tantissimi operai: la casa di proprietà, la laurea per i figli e, spesso, il “mettersi in proprio”.
Ora che succederà? Che per avere la prima casa bisognerà portare la seconda a garanzia?
Dispiace anche un po’ che con la bolla speculativa (che, certo, è sempre meglio che scoppi il prima possibile) si dissolva anche, come una bolla di sapone, la parola d’ordine lanciata da Bush di “tutti proprietari”. Noi troviamo che sia una parola d’ordine bellissima, che la sinistra, a maggior titolo della destra, potrebbe scrivere a lettere d’oro sulle proprie bandiere. Proprietari di se stessi, del proprio corpo, della casa in cui si abita, del proprio sapere e del proprio lavoro, proprietari, insieme agli altri, dell’ambiente in cui si vive… E’ una parola d’ordine che non solo mette in contraddizione radicale con se stesso il liberalismo (che, come ci ha spiegato l’amico Nico Berti, difende il diritto di proprietà ben sapendo dell’impossibilità del suo esercizio da parte di ognuno); non solo ci salvaguarda da ogni utopia collettivista o da ogni forma di paternalismo sociale, immancabilmente destinate a scivolare in dispotismi burocratici; ma rimette su fondamenta solide le lotte per i diritti sociali, altrimenti destinati a essere un ibrido fra conquiste sociali e pervasive legiferazioni, entrambe sempre reversibili.
“Tutti proprietari”, una parola d’ordine bellissima, che fa impallidire una sinistra, cosiddetta radicale, convertita ormai alla “protezione dei deboli”, imperativo quanto mai nobile se dettato da un sentimento che è del tutto umano e universale, quanto mai equivoco come programma politico di una sinistra che, da sempre, ha e deve avere nell’emancipazione la sua prima ragion d’essere.
La proprietà libera, scrisse Proudhon dopo aver detto che era un furto. Una verità elementare che conoscono bene tutti coloro che finalmente, con tanti sacrifici, possono entrare in una casa loro.
Ripensando al 68 e oltre, e all’“andata fra gli operai”, vien da vergognarsi ricordando il disprezzo che tanti studenti e intellettuali, spesso figli di “proprietari”, provavano per i tre grandi sogni riposti nel cuore di tantissimi operai: la casa di proprietà, la laurea per i figli e, spesso, il “mettersi in proprio”.