“orribilmente torto”

“Dopo tre anni e almeno 150.000 cadaveri iracheni, noi che volevamo rovesciare il regime di Saddam Hussein per il bene degli iracheni, possiamo ancora affermare che ne valeva la pena?” si chiede Johann Hari, editorialista dell’Independent.
George Packer, giornalista di stanza in Iraq, anch’egli all’inizio relativamente favorevole all’invasione, parla di una situazione in cui gli iracheni non si sentono più liberi di dire quello che pensano, di appartenere a un qualsiasi gruppo, di vestirsi come credono, anche solo di camminare per strada senza rischiare la vita. Il potere è stato trasferito a milizie antidemocratiche, che controllano scuole e ospedali, minacciano le donne non velate, imbastiscono pseudo-tribunali che emanano condanne a morte in nome della Sharia.
Quando gli si chiede se dunque aveva torto, Hari cita l’amico iracheno costretto quotidianamente a cancellare nomi e numeri dal suo cellulare. “Sì, avevo torto. Orribilmente torto”. Ed era tutto chiaro fin dall’inizio. “Con gli uomini di Bush il disastro era assicurato”: tortura di massa, 10.000 persone finite nelle prigioni irachene senza un processo; una privatizzazione feroce che ha fatto impennare la disoccupazione al 60%: la migliore garanzia per un conflitto etnico, e pensare che fino al 2003 più del 20% dei matrimoni erano misti (tra sunniti e sciiti).
Lo stesso argomento “ricostruzione” ha perso ogni credibilità dato che la distribuzione d’acqua ed elettricità funziona peggio che sotto Saddam. Senza parlare di tutti quelli che sono morti “a causa dei ragionamenti di gente come me”. Anche l’alibi per cui “sempre meglio che sotto Saddam” è presto svanito. Qualcuno anzi ha iniziato a dire che mai come ora ci sarebbe “bisogno di un Saddam”.
Pare che la maggior parte delle milizie abbiano l’appoggio popolare, ma solo perché si oppongono all’occupazione. Il ritiro sarebbe dunque il modo migliore per togliere a questi gruppi il sostegno della gente. Agli iracheni è chiaro già da un po’: secondo gli ultimi sondaggi del ministero della difesa l’80% degli iracheni è per il ritiro “immediato” delle truppe. Così finalmente potranno occuparsi loro di jihadisti e fondamentalisti. Intanto un sondaggio dell’istituto Zogby ha rivelato che il 72% dei soldati americani sono favorevoli a un ritiro entro l’anno.
“Una guerra surreale tra occupati e occupanti -malgrado loro”, conclude Hari, ponendosi un’ultima terribile domanda: il governo Bush sarà disposto a rinunciare al petrolio iracheno, dopo averci speso 200 miliardi di dollari, solo perché il popolo iracheno e i suoi stessi soldati glielo chiedono? (The Independent/Le Monde).
Che lezione da due giornalisti che che ammettono pubblicamente di aver avuto “orribilmente torto”, restituendo alla parola tutta la sua drammatica responsabilità…

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